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16 ottobre 2024
25 ottobre 2024
31 ottobre 2024
Disposizioni in materia di benefici corrisposti ai lavoratori dipendenti
Venerdì, 11 Ottobre , 2024
Premessa

Il decreto legge Omnibus, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 143/2024, ha previsto un contributo una tantum per l’anno 2024, dell’importo di 100 euro a favore di lavoratori dipendenti che si trovano in particolari condizioni economiche e familiari. L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 19/E del 10 ottobre 2024, ha fornito le istruzioni operative agli Uffici, per garantirne l’uniformità di azione, in merito alla disposizione descritta.

Presupposti soggettivi e oggettivi

Per aver diritto al bonus da 100 euro, detto bonus ‘Natale’ i lavoratori dipendenti devono avere, nell’anno d’imposta 2024, un reddito complessivo non superiore a 28 mila euro, devono essere sposati ed avere figlio e coniuge fiscalmente a carico. L’alternativa è rappresentata da almeno un figlio, fiscalmente a carico, e un nucleo familiare monogenitoriale. È necessario, inoltre, che i lavoratori dipendenti abbiano un’imposta lorda, determinata sui redditi di lavoro dipendente, di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi dell’art. 13, comma 1, del Tuir.

Ai fini del riconoscimento del bonus in parola occorre essere titolari di un reddito di lavoro dipendente nel corso del 2024, a nulla rileva se trattasi di rapporto di lavoro a tempo determinato o indeterminato. Non beneficiano del bonus i titolari di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui all’art. 50 del Tuir.

L’articolo 2-bis del decreto Omnibus dispone che il bonus in esame non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini Irpef e viene riproporzionato nel quantum in funzione del periodo di lavoro del dipendente nell’anno d’imposta 2024.

I giorni per i quali spetta l’indennità coincidono con quelli che hanno dato diritto alla retribuzione. In ogni caso, nessuna riduzione del bonus deve essere effettuata in presenza di particolari modalità di articolazione dell’orario di lavoro (ad es. il part-time verticale, orizzontale o ciclico). In presenza di più redditi di lavoro dipendente, nel calcolare il numero dei giorni per i quali spetta il bonus, vanno computati una sola volta i giorni compresi in periodi contemporanei.

In merito al requisito reddituale la circolare evidenzia che, ai fini del calcolo del reddito complessivo, bisogna considerare l’ammontare del c.d. reddito di riferimento. Nel calcolo del reddito complessivo da utilizzare per la determinazione delle agevolazioni fiscali, ivi incluso il bonus in parola, si tiene conto anche dei redditi assoggettati a cedolare secca, dei redditi assoggettati a imposta sostitutiva in applicazione del regime forfetario per gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni, della quota di agevolazione ACE e delle mance elargite dai clienti ai lavoratori impiegati nelle strutture ricettive.

Nella determinazione del predetto reddito complessivo rileva anche la quota esente dei redditi agevolati relativi agli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero, come pure il regime speciale per i lavoratori impatriati. Non si considera, invece, il reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e quello delle relative pertinenze.

In merito al nucleo familiare c.d. monogenitoriale il documento di prassi amministrativa precisa che questo sussiste qualora, alternativamente, l’altro genitore è deceduto, non abbia riconosciuto il figlio nato fuori dal matrimonio oppure il figlio è stato adottato da un solo genitore (destinatario del bonus) o affidato o affiliato a un solo genitore (destinatario del bonus).

In queste ipotesi il bonus spetta all’unico genitore non coniugato o, se coniugato, successivamente separatosi legalmente ed effettivamente. In questi casi che si connotano per la presenza di un solo genitore, la convivenza more uxorio non preclude la spettanza del bonus.

Diversamente l’indennità non spetta se l’altro genitore convivente non può essere considerato coniuge fiscalmente a carico e se non si è in presenza di una famiglia monogenitoriale in quanto il figlio è stato riconosciuto da entrambi i genitori.

Ai fini del riconoscimento del bonus di 1.000 euro (detto bonus ‘Natale’) è necessaria la previa verifica della ‘capienza’ dell’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente rispetto alla detrazione spettante per la stessa tipologia reddituale, con riferimento al medesimo periodo d’imposta, ovvero il 2024.

Adempimenti del datore di lavoro e del lavoratore

Il sostituto d’imposta pubblico o privato riconosce il bonus unitamente alla tredicesima mensilità su richiesta del lavoratore dipendente, che attesta per iscritto di avervi diritto, indicando il codice fiscale del coniuge e dei figli fiscalmente a carico o dei soli figli in caso di nucleo familiare monogenitoriale.

Se nel corso del 2024 il lavoratore ha svolto più attività di lavoro dipendente con datori di lavoro diversi, lo stesso deve presentare domanda all’ultimo datore di lavoro, ovvero a colui che materialmente eroga il bonus con la tredicesima mensilità.

Qualora il lavoratore abbia più contratti di lavoro dipendente di part-time in essere, l’indennità è erogata dal sostituto d’imposta individuato dal lavoratore. A tal fine, il lavoratore dovrà indicare nella dichiarazione sostitutiva anche tutti i dati necessari per la determinazione del bonus.

Il sostituto d’imposta riconosce l’indennità unitamente alla tredicesima mensilità e le somme erogate al lavoratore dipendente sono recuperate sotto forma di credito da utilizzare in compensazione, a partire dal giorno successivo all’erogazione in busta paga dell’indennità.

Successivamente all’erogazione, il sostituto verifica la spettanza dell’indennità e provvede al recupero nel caso in cui la stessa risulti non spettante.

Come disciplinato dal decreto Omnibus il bonus è rideterminato nella dichiarazione dei redditi presentata dal lavoratore dipendente ed è computato nella determinazione del saldo Irpef.

In particolare è previsto che qualora il lavoratore, pur avendo diritto all’indennità, abbia percepito redditi di lavoro dipendente non assoggettati a ritenuta fiscale perché privi di sostituto d’imposta, ovvero non abbia ricevuto il bonus dal sostituto d’imposta nonostante la sua spettanza, lo stesso può beneficiare dell’indennità nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 2024, da presentarsi nel 2025.

Analogamente la circolare ritiene che il lavoratore dipendente che ha cessato l’attività lavorativa nel corso del 2024 può beneficiare dell’indennità direttamente nella dichiarazione dei redditi riferita all’anno d’imposta 2024.

Qualora il lavoratore dipendente abbia, invece, beneficiato dell’indennità in assenza dei presupposti di legge o in misura superiore a quella spettante e non sia più possibile per il sostituto d’imposta effettuare il conguaglio a debito, il lavoratore deve restituire, nella dichiarazione dei redditi, l’ammontare del bonus indebitamente ricevuto.


(Vedi circolare n. 19 del 2024)

Disciplina del Concordato Preventivo Biennale
Venerdì, 27 Settembre , 2024

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 18/E del 17 settembre 2024, fornisce istruzioni operative agli Uffici in merito al nuovo istituto del Concordato preventivo biennale. Come chiarito nella legge delega, l’istituto si inserisce tra le diverse misure ‘finalizzate a razionalizzare gli obblighi dichiarativi e favorire l’adempimento spontaneo’. Il documento di prassi amministrativa è articolato in questo modo:

  • la prima parte introduttiva, illustra gli aspetti del nuovo istituto;
  • la parte centrale è dedicata ai contribuenti che applicano gli ISA e a quelli che aderiscono al regime forfetario;
  • la parte conclusiva descrive ulteriori elementi e fornisce chiarimenti su quesiti che investono il Concordato preventivo biennale.

Condizioni per accedere al Concordato

Possono accedere al Concordato preventivo biennale (CPB) i contribuenti tenuti all’applicazione degli ISA o che applicano il regime forfetario per i quali non si verificano le cause ostative previste dal decreto CPB.

Le condizioni ostative possono essere così riassunte:

  1. presenza di debiti maturati in anni precedenti riferiti a tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate o a debiti contributivi. Deve trattarsi di debiti definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione. Possono comunque accedere al Concordato i contribuenti che entro i termini previsti per aderire allo stesso abbiano estinto i predetti debiti in misura tale che il residuo dovuto risulti inferiore a 5 mila euro.
  2. non aver presentato la dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato, in presenza dell’obbligo a effettuare tale adempimento.
  3. aver ricevuto una condanna per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74, dall’articolo 2621 c.c., nonché dagli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter 1 del Codice penale, commessi negli ultimi tre periodi d’imposta antecedenti a quelli di applicazione del Concordato.

La ratio delle condizioni previste in questo primo raggruppamento è quella di precludere la possibilità di accedere al Concordato preventivo biennale nei casi in cui ricorrono fattispecie che potrebbero essere considerate sintomatiche di situazioni di scarsa affidabilità tali da minare il presupposto essenziale della reciproca trasparenza tra contribuente e Fisco, su cui l’istituto si fonda.

La seconda tipologia di condizioni ostative concerne fattispecie riferibili al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta: aver conseguito, nell’esercizio d’impresa o di arti e professioni, redditi o quote di redditi, comunque denominati, in tutto o in parte, esenti, esclusi o non concorrenti alla base imponibile, in misura superiore al 40% del reddito derivante dall’esercizio d’impresa o di arti e professioni.

Il terzo e ultimo raggruppamento di condizioni riguarda le situazioni che si verificano nel corso del primo periodo d’imposta oggetto del concordato, e cioé:

  • aver aderito, per il primo periodo d’imposta oggetto del concordato, al regime forfetario, della legge forfetari;
  • (per le società o gli enti) essere stati interessati da operazioni di fusione, scissione, conferimento nel primo anno cui si riferisce la proposta di concordato, ovvero, nel caso di società o associazioni di cui all’art. 5 Tuir, non essere state interessate da modifiche della compagine sociale.

Queste condizioni hanno l’obiettivo di evitare distorsioni nel meccanismo applicativo dell’istituto e hanno la finalità di garantire che, tra il momento in cui è definita la proposta e le annualità in cui la proposta trova applicazione, non intervengano significative modifiche alla soggettività del contribuente che ha aderito al Concordato fiscale.

Assenza di debiti tributari o contributivi

In merito alla condizione relativa all’assenza di debiti tributari o contributivi di importo complessivamente pari o superiore a 5 mila euro, la circolare fa presente che non concorrono al predetto limite i debiti oggetto di provvedimento di sospensione o di rateazione fino a decadenza dei relativi benefici secondo le specifiche disposizioni applicabili. Il vincolo ostativo relativo alla soglia di 5 mila euro riguarda il complessivo ammontare dei debiti tributari o debiti contributivi del contribuente, anche nel caso in cui esso sia composto da singoli debiti di importo unitario inferiore a detta soglia.

Qualora il contribuente, per aderire alla proposta di concordato, fosse intenzionato a rimuovere la causa ostativa all’accesso all’istituto mediante l’estinzione del debito, ovvero della parte di esso eccedente i 5 mila euro, dovrà avere cura di effettuarlo in un momento precedente a quello di accettazione della proposta.

Nella relazione illustrativa alla norma è precisato che per tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, si intendono i debiti derivanti:

  1. dalla notifica di atti impositivi, conseguenti ad attività di controllo degli uffici e ad attività di liquidazione degli uffici;
  2. dalla notifica di cartelle di pagamento concernenti pretese tributarie, oggetto di comunicazioni di irregolarità emesse a seguito di controllo automatizzato o formale della dichiarazione.

Deve trattarsi in ogni caso di debiti scaturenti dalla notifica degli atti precedentemente indicati che al 31 dicembre 2023 sono divenuti definitivi in base a sentenza passata in giudicato o perché non più soggetti a impugnazione. Non rilevano, dunque, i debiti per i quali alla data sopra indicata pendono ancora i termini di pagamento e/o i termini di impugnazione o sussiste contenzioso ancora pendente. Non rilevano, inoltre, i debiti per i quali il contribuente ha ottenuto un provvedimento di sospensione giudiziale o amministrativa o un provvedimento di rateazione purché antecedentemente alla data di accettazione della proposta.

Assenza di condanne

Riguardo alla condizione relativa all’assenza di condanne l’art. 11 del decreto Concordato precisa che alla pronuncia di condanna è equiparata la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

Considerato che il predetto art. 11 che equipara la sentenza di patteggiamento alla pronuncia di condanna ai fini dell’accesso al concordato, costituisce una disposizione normativa non penale diretta a disciplinare un istituto di diritto tributario, deve ritenersi che la suddetta equiparazione operi limitatamente alle ipotesi in cui sono applicate pene accessorie.

L’esclusione dall’accesso al Concordato preventivo biennale opera nel caso in cui, con la sentenza di patteggiamento venga irrogata una pena che supera i due anni di pena detentiva, quindi, per converso, al di sotto di tale ‘soglia’ la causa di esclusione non opera. La Relazione illustrativa di accompagno al Dlgs n. 108/2024 chiarisce che l’accesso al Concordato fiscale è precluso soltanto in ipotesi di condanna con sentenza ‘irrevocabile’, non contemplando la disposizione l’estensione dell’effetto impeditivo anche nel caso di sentenze di condanna non presidiate dal giudicato.

La dichiarazione relativa all’assenza di condanne e/o di sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti deve essere effettuata al momento dell’accettazione della proposta di Concordato attraverso l’apposita modulistica.

Ambito oggettivo del Concordato preventivo biennale

Se accettata la proposta di concordato definisce per il successivo biennio il reddito di impresa e di lavoro autonomo e, solo per i soggetti ISA la base imponibile Irap. Naturalmente questo non vale per i forfettari per i quali l’adesione al Concordato rileva per il solo anno 2024.

Resta invece esclusa dal Concordato fiscale l’Iva che continua a trovare applicazione secondo le ordinarie disposizioni e a vincolare i contribuenti a tutti i conseguenti adempimenti.

Contribuenti ISA

In merito ai soggetti ISA i redditi oggetto di concordato riguardano:

  • il reddito di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni, di cui all’art. 54, comma 1, del Tuir, senza considerare i valori relativi a: plusvalenze e minusvalenze; redditi o quote di redditi relativi a partecipazioni in società di persone e associazioni di cui all’art. 5 del Tuir; ai corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali, riferibili all’attività artistica o professionale di cui al comma 1-quater del citato articolo 54.
  • In caso di reddito da lavoro autonomo, il saldo netto tra il reddito concordato e le plusvalenze o minusvalenze, i corrispettivi percepiti a seguito della cessione della clientela o di elementi immateriali e i redditi derivanti da partecipazioni, non può essere inferiore a 2 mila euro.
  • il reddito d’impresa, di cuil’art. 56 Tuir e, per quanto riguarda i contribuenti soggetti ad Ires, alle disposizioni di cui alla Sezione I del Capo II del Titolo II del Tuir, ovvero, per le imprese minori, all’articolo 66 del Tuir, senza considerare i valori relativi a: plusvalenze e sopravvenienze attive; minusvalenze, sopravvenienze passive e perdite su crediti; gli utili o le perdite derivanti da partecipazioni in soggetti di cui all’art. 5 del citato testo unico, o in un Gruppo europeo di interesse economico GEIE o derivanti da partecipazioni in società di capitali aderenti al regime di cui all’art. 115 ovvero all’art. 116 del Tuir, o gli utili distribuiti, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione, da società ed enti di cui all’art. 73, comma 1, del Tuir.

In caso di reddito d’impresa il saldo netto tra il reddito concordato e le plusvalenze, le minusvalenze, le sopravvenienze attive/passive, le perdite su crediti, gli utili e le perdite da partecipazione non può essere inferiore a 2 mila euro.
Per quanto riguarda l’Irap, invece, l’oggetto del concordato è il valore della produzione netta individuato con riferimento agli articoli 5, 5-bis, 8 e 10 Dlgs n. 446/1997, senza considerare le componenti già individuate dagli articoli 15 e 16 del decreto Concordato per la determinazione del reddito d’impresa oggetto di concordato, ove rilevanti ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive.

Sebbene l’art. 17 del decreto Concordato, nel definire il valore della produzione netta da dichiarare, non richiami l’art. 11 del decreto Irap, tale norma contiene regole comuni per la determinazione del valore della produzione netta.

Ciò comporta che in sede di compilazione della proposta di adesione deve essere dichiarato il valore della produzione netta relativo al periodo precedente l’inizio del biennio al netto di tali spese.

Anche per l’Irap, come già osservato per i redditi di lavoro autonomo e d’impresa, il saldo netto tra il valore della produzione netta oggetto di concordato e le componenti sopra richiamate non può assumere un valore inferiore a 2 mila euro.

Il contribuente che accetta la proposta dell’Agenzia si impegna quindi a dichiarare sia gli importi concordati, sia gli importi effettivi, relativi ai due periodi d’imposta oggetto del concordato stesso.

Il versamento delle imposte e dei contributi dovuti sul reddito e sul valore della produzione concordati è oggetto di controllo automatizzato.

Inoltre, nei periodi d’imposta oggetto del concordato, i contribuenti devono rispettare gli ordinari obblighi contabili e dichiarativi e comunicare i dati per gli ISA. L’obbligo di presentazione dei modelli ISA non sussiste in caso di cause di esclusione dall’applicazione degli stessi, salvo alcune eccezioni.

Forfetari

Le regole di applicazione del Concordato ai contribuenti che hanno aderito al regime forfetario risultano parzialmente differenti rispetto a quelle applicabili ai soggetti ISA in ragione delle peculiarità che caratterizzano il regime forfetario.

Per i soggetti che hanno aderito al regime forfetario l’adesione al Concordato è prevista in via del tutto sperimentale per il solo anno 2024.

Ulteriore importante differenza riguarda la determinazione delle basi imponibili oggetto di concordato. Trattandosi di contribuenti che ‘ordinariamente’ determinano il reddito in modo forfetario, anche il calcolo del Concordato risulta più semplice rispetto a quello previsto per i soggetti ISA, non tenendo conto in modo analitico di quelle poste che invece sono considerate per questi ultimi.

Modalità e termini di adesione alla proposta di Concordato

L’Agenzia delle Entrate mette a disposizione dei contribuenti o dei loro intermediari, anche mediante l’utilizzo delle reti telematiche, appositi programmi informatici per l’acquisizione dei dati necessari per l’elaborazione della proposta di Concordato fiscale. Il contribuente può quindi aderire alla proposta formulata dall’Agenzia delle Entrate attraverso l’utilizzo di questi programmi informatici.
Per il primo anno di applicazione del Concordato le tempistiche utili per valutare la proposta ed eventualmente aderirvi sono molto ampie e uniformate a quelle previste per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.
Per il primo anno di applicazione del nuovo istituto, il contribuente può aderire alla proposta entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.

Utilizzando il software in argomento il contribuente può:

  • inserire i dati necessari;
  • calcolare la proposta di Concordato;
  • accettare la proposta entro il 31 ottobre.

La metodologia adottata per l’adesione al Concordato si innesta nel processo di progressiva digitalizzazione del dialogo tra Fisco e contribuente, nell’ottica di riduzione e semplificazione degli adempimenti fiscali.
Il termine per aderire al Concordato è perentorio, in quanto il legislatore, solo per il 2024, rinvia espressamente alla data del 31 ottobre, in deroga al termine ordinario del 31 luglio. Tale espressa formulazione avalla la conclusione che la data del 31 ottobre 2024 sia tassativa e, pertanto, ai fini dell’accettazione della proposta di Concordato non trova applicazione l’art. 2, comma 7, del Dpr n. 322/1998 in base al quale sono valide le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza del termine.

Cause di cessazione del Concordato

Il Concordato cessa di avere efficacia al verificarsi, in uno dei periodi di imposta in cui è vigente, di particolari situazioni che incidono in maniera radicale sui presupposti in base ai quali era stato stipulato in precedenza l’accordo tra Fisco e contribuente. Nello specifico, si tratta dei seguenti casi:

  • cessazione o modifica dell’attività (per tutti i contribuenti che possono applicare il Concordato);
  • presenza di particolari ed eccezionali circostanze che hanno determinato la contrazione delle basi imponibili effettive in misura eccedente il 30% rispetto a quelle oggetto di concordato;
  • adesione al regime forfetario (per i soli contribuenti ISA);
  • operazione di fusione, scissione, conferimento effettuate da società o enti, ovvero, modifiche della compagine sociale da parte di società o associazioni (per i soli contribuenti ISA);
  • dichiarazione di ricavi o compensi di ammontare superiore al limite stabilito dal decreto di approvazione o revisione dei relativi indici sintetici di affidabilità fiscale maggiorato del 50% (per i soli contribuenti ISA);
  • superamento del limite dei ricavi o compensi maggiorato del 50% (per i soli contribuenti che applicano il regime forfetario).

Cause di decadenza

L’art. 22 del decreto Concordato prevede che il contribuente decade dal concordato al verificarsi di fattispecie ritenute potenzialmente sintomatiche di comportamenti scarsamente affidabili.

Il legislatore ha individuato una serie di casi riconducibili essenzialmente alla fedeltà dei dati indicati all’interno dei modelli dichiarativi ed al corretto svolgimento di alcuni adempimenti.

Un caso si verifica quando a seguito di accertamento, nei periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente, risulta:

  • l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati;
  • la commissione di altre violazioni ritenute di ‘non lieve entità’.

Si tratta di violazioni constatate che integrano reati tributari, relativamente a periodi di imposta oggetto del concordato; comunicazioni inesatte o incompleta dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici di cui all’art. 9-bis del decreto ISA, in misura tale da determinare un minor reddito o valore netto della produzione oggetto del concordato per un importo superiore al 30%; violazioni relative agli anni oggetto del concordato, come omessa dichiarazione annuale ai fini delle imposte dirette e Irap, dei sostituti d’imposta e dell’Iva.

Altra ipotesi di decadenza si verifica quando a seguito di modifica o integrazione della dichiarazione dei redditi, i dati e le informazioni dichiarate dal contribuente determinano una quantificazione diversa dei redditi o del valore della produzione netta rispetto a quelli in base ai quali è avvenuta l’accettazione della proposta di concordato.

Altra ipotesi di decadenza ricorre quando sono indicati, nella dichiarazione dei redditi, dati non corrispondenti a quelli comunicati ai fini della definizione della proposta di concordato.

Ancora un’altra ipotesi di decadenza si realizza quando vengono meno i requisiti o risultino insussistenti le condizioni necessarie per accedere al concordato.

Infine, è prevista la decadenza quanto è omesso il versamento delle somme dovute a seguito di concordato.

In ogni caso, l’omesso versamento delle somme dovute a seguito di Concordato non rileva ai fini della decadenza nel caso in cui il contribuente abbia regolarizzato la propria posizione mediante ravvedimento, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.

Infine, secondo quanto previsto nel decreto Concordato, in caso di decadenza restano dovute le imposte e i contributi determinati tenendo conto del reddito e del valore della produzione netta concordati se maggiori di quelli effettivamente conseguiti.

Il documento di prassi amministrativa rileva, altresì, che affinché le integrazioni o le modifiche delle dichiarazioni dei redditi, ovvero l’indicazione di dati non corrispondenti a quelli comunicati ai fini della definizione della proposta di Concordato, siano rilevanti per determinare la decadenza dallo stesso Concordato, è necessario che gli stessi determinino un minor reddito o valore netto della produzione oggetto del concordato per un importo superiore al 30%.

Rinnovo del concordato

Decorso il biennio oggetto di concordato, laddove il contribuente abbia conservato i requisiti per accedervi e non siano incorse cause di esclusione, lo stesso può accedere ad un nuovo biennio di concordato.

Ciò comporta che, con riferimento al primo biennio oggetto di concordato, il contribuente che abbia aderito al Concordato per i periodi d’imposta 2024 e 2025 potrà, utilizzando il software che verrà messo a disposizione per il periodo di imposta 2025, aderire a una nuova proposta di concordato biennale elaborata dall’Agenzia delle Entrate relativa al successivo biennio 2026-2027, con le stesse modalità previste per la prima adesione.

Differimento del termine dei versamenti

Per il primo anno di applicazione del Concordato è stato previsto il differimento del termine dei versamenti del saldo e del primo acconto.

In particolare, i soggetti indicati nella norma e tenuti a effettuare entro il 30 giugno 2024 i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e da quelle in materia di Irap e Iva, possono provvedere entro il 31 luglio 2024, senza alcuna maggiorazione.

Inoltre la norma chiarisce che è possibile effettuare i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e da quelle in materia di Irap e Iva entro il trentesimo giorno successivo al 31 luglio 2024 (ovvero entro il 30 agosto 2024), maggiorando le somme da versare dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo.
La norma specifica che la disposizione si applica, oltre che ai soggetti che adottano gli ISA o che presentano cause di esclusione dagli stessi, anche ai soggetti che partecipano a società, associazioni e imprese ai sensi degli articoli 5, 115 e 116, del Tuir interessati dalla applicazione degli ISA.

Risposte a quesiti

L’ultima parte della circolare è dedicata alle risposte ai quesiti formulati dalle organizzazioni di categoria e dalla stampa specializzata. Viene chiarito, ad esempio, che il contribuente che ha già presentato la dichiarazione per il periodo d’imposta 2023 senza accettare la proposta di Concordato può ancora farlo, presentando una dichiarazione correttiva entro il 31 ottobre 2024.
Qualora il contribuente eserciti due attività, una di impresa ed una di lavoro autonomo, entrambe soggette a ISA, riceverà dall’Agenzia delle Entrate due proposte, alle quali l’interessato potrà aderire sia congiuntamente che individualmente.


(Vedi circolare n. 18 del 2024)

Causali contributo per il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali di pertinenza dell’Ente Nazionale di Previdenza per gli Addetti e per gli impiegati in Agricoltura
Venerdì, 27 Settembre , 2024

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 43/E/2024, ha istituito le causali contributo per il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali di pertinenza dell’Ente Nazionale di Previdenza per gli addetti e per gli impiegati in Agricoltura - Gestione Separata Agrotecnici (ENPAIA).
Con la risoluzione n. 46/E del 18 settembre 2024 l’Agenzia informa che, in sede di compilazione del mod. F24 per il versamento delle somme in parola, in corrispondenza del campo ‘codice posizione’ è indicato il codice univoco composto da caratteri numerici, fino a 9 cifre, comunicato dall’ENPAIA.
Qualora tale codice non sia stato comunicato, nel campo in argomento è indicato il valore ‘0’.


(Vedi risoluzione n. 46 del 2024)

Iva - Emissione nota di variazione - Liquidazione ordinaria di una società e sua estinzione mediante cancellazione dal Registro delle imprese
Venerdì, 27 Settembre , 2024

All’Agenzia delle Entrate hanno chiesto di chiarire se alla liquidazione ordinaria di una società possano essere applicati i principi enunciati per le operazioni straordinarie in merito agli effetti successori negli adempimenti fiscali e, in particolare, con riguardo alla possibilità di emettere note di variazione, ex art. 26 del decreto Iva.

Con la risoluzione n. 47/E del 19 settembre 2024, l’Amministrazione finanziaria ha riepilogato la disciplina fiscale delle operazioni straordinarie e, in particolare, delle operazioni di fusione e incorporazione disciplinate dall’articolo 2504-bis del Codice civile il quale dispone che: ‘la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione’.

La disciplina fiscale, con l’articolo 172, comma 4, del Tuir, ha disposto gli effetti successori in ordine al subentro della società o dell’ente risultante dalla trasformazione o dalla fusione, anche per incorporazione, negli obblighi delle società trasformate o fuse relativi al pagamento delle sanzioni.

Recentemente la Corte di cassazione a Sezioni unite, con la sentenza n. 21970 del 30 luglio 2021, ha ribadito che la fusione comporta l’estinzione della società incorporata e la contestuale sostituzione a questa, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, della società incorporante.

La fusione non è un’operazione che mira a concludere tutti i rapporti sociali (come la liquidazione), né a trasferirli ad un altro soggetto con permanenza in vita del disponente, quanto a darvi prosecuzione, mediante il diverso assetto organizzativo.

Al verificarsi delle condizioni innanzi citate, dunque, la società che subentra nelle posizioni soggettive del cedente/prestatore di servizi acquisisce, tra l’altro, la facoltà di emettere note di variazione, ex art. 26 del decreto Iva, con riferimento alle operazioni effettuate originariamente dalla società scissa/incorporata. Tale subentro ricorre anche ai fini della ricezione della nota di variazione, laddove l’operazione straordinaria abbia visto coinvolto il cessionario/committente.

I principi enucleati dalla Suprema corte non trovano applicazione, invece, nell’ipotesi di liquidazione ordinaria di una società che comporta la sua estinzione mediante la cancellazione dal Registro delle imprese.

In tale evenienza, infatti, sebbene la giurisprudenza di legittimità ritenga che l’estinzione della società, a seguito della cancellazione dal Registro delle imprese, dia luogo ad un fenomeno successorio in favore dei soci, resta ferma, come evidenziato dalla stessa Suprema corte nella sentenza n. 21970/2021, la diversa finalità della procedura liquidatoria rispetto alle altre ‘operazioni straordinarie’ che determinano una successione dell’avente causa nei diritti e negli obblighi della società coinvolta nelle predette operazioni.

Con la liquidazione ordinaria, infatti, si concludono tutti i rapporti sociali, nei quali il soggetto-società viene liquidato e cessa di operare sul mercato; non c’è continuazione di impresa né subentro di altri soggetti.

L’estinzione della società determina, pertanto, l’estinzione delle predette posizioni soggettive le quali non ricadono nel fenomeno successorio.

Ne consegue che, qualora la società emittente la fattura si estingua prima di aver esercitato la facoltà di emissione della nota di variazione in diminuzione, il diritto di credito verso l’Erario alla restituzione della maggiore Iva a debito non può essere trasferito per successione ai soci, ma si estingue insieme ad essa, diversamente da quanto, invece, accade nell’ambito di una operazione straordinaria con effetti successori, ove il soggetto che sopravvive e prosegue l’attività imprenditoriale eredita anche le posizioni soggettive ad essa correlate e la possibilità di assolvere ai connessi adempimenti fiscali.

Tornano, dunque, applicabili i limiti secondo cui, per emettere la nota di variazione prevista dall’articolo 26 Dpr n. 633/1972 (decreto Iva) è necessaria l’identità tra l’oggetto della fattura e della registrazione originaria e che esista corrispondenza tra i due atti contabili ovvero tra i due soggetti originari dell’operazione imponibile: cedente e cessionario di un bene, committente e prestatore di un servizio.

In conclusione, estinta la società, senza che sia stata ancora esercitata la facoltà di emissione della nota di variazione in diminuzione, non è consentito ai soci sostituirsi ad essa nella sua emissione per recuperare l’Iva relativa ad un credito non incassato.

La risoluzione fornisce un altro chiarimento in merito all’indirizzo espresso dalla Cassazione nella richiamata sentenza n. 6070 del 2013, con la quale i giudici di legittimità hanno chiarito che l’estinzione della società, a seguito di cancellazione dal Registro delle imprese, dà luogo ad un fenomeno successorio in favore dei soci i quali subentrano nei rapporti attivi e passivi facenti capo alla società estinta.

Il Fisco precisa che l’esercizio di posizioni soggettive riferibili alla società, compresa la facoltà di emettere note di variazione in diminuzione, non ricade nel fenomeno successorio e, pertanto, in caso di estinzione della società, i debiti insoddisfatti che la società aveva nei riguardi dei terzi si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono ai sensi dell’art. 2495 del Codice civile.

L’articolo 28, comma 4, del Dlgs 21 novembre 2014 n. 175 dispone che, ai soli fini della validità e dell'efficacia degli atti di accertamento, liquidazione, contenzioso e riscossione di tributi e contributi, l’estinzione della società ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese,


(Vedi risoluzione n. 47 del 2024)

Versamento delle somme dovute in relazione al concordato preventivo biennale
Venerdì, 27 Settembre , 2024

Con la risoluzione n. 48/E del 19 settembre 2024 l’Agenzia delle Entrate ha fornito le indicazioni che i contribuenti ISA e quelli forfetari dovranno seguire per versare gli importi dovuti relativi al primo periodo di adesione.

Il Concordato preventivo biennale è un nuovo istituto che consente ai soggetti aderenti di stabilire d’intesa con l’Agenzia delle Entrate, in via preventiva, il reddito d’impresa o di lavoro autonomo e la produzione ai fini Irap da dichiarare nel periodo interessato.

Il Decreto legislativo n. 13 del 12 febbraio 2024 disciplina le modalità attuative del concordato fiscale.

Il documento di prassi amministrativa ha istituito 6 codici tributo per versare, tramite modello F24, le somme dovute per aderire al Concordato preventivo biennale. I primi quattro dovranno essere utilizzati da coloro che applicano gli ISA; gli ultimi due da coloro che aderiscono al regime forfetario.

I nuovi codici tributo sono i seguenti:

  • ‘4068’ denominato ‘CPB - Soggetti ISA persone fisiche - Maggiorazione acconto imposte sui redditi - Art. 20, comma 2, lett. a), del Dlgs n. 13 del 2024’;
  • ‘4069’ denominato ‘CPB - Soggetti ISA diversi dalle persone fisiche - Maggiorazione acconto imposte sui redditi - Art. 20, comma 2, lett. a), del Dlgs n. 13 del 2024’;
  • ‘4070’ denominato ‘CPB - Soggetti ISA - Maggiorazione acconto IRAP - Art. 20, comma 2, lett. b) del Dlgs n. 13 del 2024’;
  • ‘4071’ denominato ‘CPB - Soggetti ISA - Imposta sostitutiva di cui all’articolo 20-bis, comma 1, del Dlgs n. 13 del 2024’;
  • ‘4072’ denominato ‘CPB - Soggetti forfetari - Maggiorazione acconto imposte sui redditi - Art. 31, comma 2, lett. a) del Dlgs n. 13 del 2024’;
  • 4073’ denominato ‘CPB - Soggetti forfetari - Imposta sostitutiva di cui all’articolo 31-bis del Dlgs n. 13 del 2024’.


(Vedi risoluzione n. 48 del 2024)

Istituzione dei codici tributo per il versamento delle somme dovute a seguito di adesione ai verbali di constatazione ai sensi dell’art. 5-quater Dlgs n. 218/1997
Venerdì, 6 Settembre , 2024

Con la definizione agevolata i contribuenti hanno la possibilità di beneficiare della riduzione delle sanzioni ad un sesto, ovvero la metà della misura prevista nell’ipotesi di accertamento con adesione, pari ad un terzo del minimo stabilito per legge, nonché della possibilità di rateizzare il dovuto.

Per consentire il versamento, tramite il modello F24, delle somme dovute risultanti dall’atto di definizione dell’accertamento parziale, previsto al comma 6 dell’articolo 5-quater del decreto legislativo 19 giugno 1997 n. 218 l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 44/E del 2 agosto 2024, ha istituito una serie di codici tributo che vanno dal ‘9976’ al ‘9992’. Per il pagamento, sempre tramite il modello F24, dei contributi previdenziali risultanti dall’atto di definizione dell’accertamento parziale la risoluzione istituisce le seguenti causali: ‘APM1’, ‘CPM1’ e ‘LPM1’.


(Vedi risoluzione n. 44 del 2024)

Sequestro preventivo ex artt. 321 c.p.p. e 92 e 104 delle disp.att. c.p.p. - Adempimenti fiscali dell’amministrazione giudiziale
Venerdì, 6 Settembre , 2024

L’Agenzia delle Entrate dedica la risoluzione n. 45/E del 2 settembre 2024 al sequestro preventivo ed in particolare agli obblighi dichiarativi e di versamento che investono l’amministratore giudiziale. Il documento di prassi conferma i chiarimenti già forniti in precedenti documenti e risposte ad istanze di contribuenti. In particolare si fa riferimento alla risoluzione n. 70/E del 29 ottobre 2020 e alle risposte nn. 276 e n. 496, pubblicate rispettivamente il 21 aprile ed il 21 luglio 2021.

Il sequestro preventivo è disciplinato dagli articoli 321 del Codice di procedura penale e 92 e 104 delle disposizioni di attuazione del C.p.p. per il quale trovano applicazione, come detto, le disposizioni del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159, ovvero il Codice delle leggi antimafia.

L’art. 104-bis, disp.att. c.p.p. disponeva che l’autorità giudiziaria è tenuta a nominare un amministratore giudiziario nel caso in cui il sequestro preventivo abbia per oggetto società di cui si deve assicurare l’amministrazione. Il legislatore è più volte intervenuto in materia. Le ultime modifiche sono dovute al decreto legislativo n. 150 del 2022. La nuova formulazione non prevede più un rinvio generale alle disposizioni del libro I, titolo III, del Codice delle leggi antimafia, ma alle sole misure che disciplinano la nomina e la revoca dell’amministratore, dei compiti, degli obblighi dello stesso e della gestione dei beni.

Il comma 1-bis dell’art. 104-bis revisionato prevede che ‘Si applicano le disposizioni di cui al Libro I, titolo III, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159, e successive modificazioni nella parte in cui recano la disciplina della nomina e revoca dell’amministratore, dei compiti, degli obblighi dello stesso e della gestione dei beni. In caso di sequestro disposto ai sensi dell’articolo 321, comma 2, del codice o di confisca ai fini della tutela dei terzi e nei rapporti con la procedura di liquidazione giudiziaria si applicano, altresì, le disposizioni di cui al titolo IV del Libro I del citato decreto legislativo’.

La mutata formulazione del comma 1-bis ha fatto nascere l’esigenza di interrogarsi sull’applicabilità o meno delle misure concernenti gli obblighi dichiarativi e di versamento previste dal Codice antimafia a tutte le forme di sequestro penale.

La risoluzione dispone che i predetti obblighi dichiarativi e di versamento, disciplinati dall’articolo 51 del richiamato libro I, titolo III, devono ritenersi ancora applicabili, malgrado l’evoluzione normativa, a tutte le forme di sequestro penale.

Tra gli obblighi dell’amministratore giudiziario ancora sussistono gli obblighi dichiarativi e di versamento disposti dall’articolo 51 del Dlgs n. 159/2011.

In caso di confisca revocata, l’amministratore giudiziario è tenuto a darne comunicazione all’Agenzia delle Entrate e agli enti competenti che provvedono alla liquidazione delle imposte, tasse e contributi, dovuti per il periodo di durata dell’amministrazione giudiziaria, in capo al soggetto cui i beni sono stati restituiti.

La sintesi che ne emerge, come evidenziato anche dalla circolare n. 31/E del 30 dicembre 2014, è quella per cui, ferma la generale applicazione della disciplina relativa all’eredità giacente, durante il sequestro:

  • è disposta la ‘sospensione del versamento’ da imposte, tasse e contributi il cui presupposto impositivo consista nella titolarità del diritto di proprietà o nel possesso di un bene immobile. Essendo la ‘sospensione’ limitata al ‘versamento’, ne consegue che, anche con riguardo ai beni immobili, non viene meno, in capo all’amministratore giudiziario, l’obbligo di adempiere agli ulteriori oneri fiscali, compresi quelli dichiarativi, durante la vigenza dei provvedimenti di sequestro e confisca non definitiva’;
  • è disposta l’esenzione dalle imposte di registro, ipocatastale e di bollo qualora gli atti ed i contratti posti in essere durante il periodo di durata dell’amministrazione giudiziaria abbiano ad oggetto i beni immobili la cui proprietà o il cui possesso costituiscano presupposto impositivo di imposte, tasse e tributi’;
  • ai fini della determinazione complessiva delle imposte sui redditi, è irrilevante il reddito prodotto dai beni immobili oggetto dei provvedimenti di sequestro e confisca non definitiva, anche se locati, qualora sia determinato secondo le disposizioni del capo II del titolo I (‘Redditi fondiari’) e dell’articolo 70 (‘Redditi di natura fondiaria’) del Tuir; non rilevano anche nell’ipotesi di cui all’articolo 90, comma 1, quarto e quinto periodo (‘Proventi immobiliari’) del Tuir, e quindi, non concorrono alla determinazione del reddito imponibile’.

Nella dichiarazione dei redditi deve essere esposto il reddito imponibile relativo ai beni confiscati per consentire all’Amministrazione finanziaria la liquidazione dell’imposta dovuta in caso di revoca della misura cautelare.

Sotto il profilo dichiarativo, invece, la risoluzione precisa che l’amministratore giudiziario è tenuto ad assolvere agli obblighi dichiarativi per i periodi d’imposta interessati; i modelli devono essere intestati al defunto con l’indicazione del codice fiscale dello stesso inserendo altresì i propri dati anagrafici in qualità di dichiarante e di amministratore giudiziario.

Inoltre, con esclusivo riferimento al modello Redditi PF, nel frontespizio, nella sezione ‘DATI DEL CONTRIBUENTE’ va barrata la casella 7 (tutelato) relativa al caso di ‘dichiarazione presentata dal legale rappresentante per la persona incapace o dall’amministratore giudiziario in qualità di rappresentante per i beni sequestrati’.


(Vedi risoluzione n. 45 del 2024)

Legge di Bilancio 2024 - Regime fiscale delle plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate realizzate da società ed enti non residenti
Lunedì, 5 Agosto , 2024

La legge di Bilancio 2024 ha modificato il regime fiscale delle plusvalenze su partecipazioni qualificate realizzate da società ed enti commerciali non residenti. L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 17/E del 29 luglio 2024, ha fornito istruzioni operative agli Uffici affinché sia garantita l’uniformità di azione.
L’Amministrazione finanziaria precisa che i chiarimenti in materia non tengono conto dell’eventuale applicabilità delle convenzioni contro le doppie imposizioni concluse dall’Italia.

Tratti generali della disposizione

La manovra 2024 ha introdotto il comma 2-bis all’interno dell’art. 68 del Tuir il quale prevede che le plusvalenze realizzate, a seguito di cessioni di partecipazioni qualificate fiscalmente rilevanti in Italia, escluse quelle in società semplici e quelle aventi le caratteristiche di cui all’articolo 68, comma 4, del Tuir, realizzate da società ed enti commerciali, privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato, residenti in uno Stato Ue o in uno Stato aderente alla SEE e che siano ivi soggetti a un’imposta sul reddito delle società, godano di un particolare regime fiscale, ove soddisfino i requisiti di cui all’articolo 87, comma 1, lettere da a) a d), del Tuir.

Tale intervento legislativo estende, dunque, il trattamento fiscale di cui all’art. 87 del Tuir (c.d. participation exemption), riservato alle plusvalenze da cessione di partecipazioni realizzate da soggetti residenti, alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate realizzate da società ed enti commerciali non residenti nel territorio dello Stato e ivi privi di stabile organizzazione.

Ambito soggettivo

La norma si applica alle società ed agli enti commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d) del Tuir, privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato, residenti in uno Stato Ue o SEE a condizione che siano assoggettati a un’imposta sul reddito delle società e, quindi, non imputino per trasparenza il reddito ai propri soci e che siano società che abbiano una forma giuridica equivalente a quella propria delle società italiane aventi forma commerciale o enti commerciali.
I soggetti destinatari della disciplina di cui al comma 2-bis devono inoltre essere privi di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato cui è imputabile la partecipazione ceduta. La plusvalenza realizzata dalla stabile organizzazione a seguito della cessione di partecipazione qualificata rilevante in Italia è soggetta al regime di c.d. participation exemption, laddove tale partecipazione sia contabilmente e funzionalmente connessa alla stabile organizzazione in Italia.
Rientra, invece, nell’ambito soggettivo di applicazione del comma 2-bis il soggetto non residente, anche con stabile organizzazione in Italia, nell’ipotesi in cui la partecipazione qualificata rilevante in Italia, oggetto di cessione, sia contabilmente e funzionalmente riferibile all’entità non residente cui la stessa appartiene.

Ambito oggettivo

Le plusvalenze rientranti nell’ambito oggettivo della norma sono quelle definite dall’articolo 67, comma 1, lettera c) del Tuir, ovvero le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate realizzate da società ed enti non residenti. Le plusvalenze in argomento devono essere diverse da quelle derivanti dalla partecipazione in società semplici e da quelle di cui al comma 4 dell’articolo 68 del Tuir. L’esclusione delle società semplici è motivata dal fatto che le stesse non svolgono attività commerciale e, dunque, non soddisfano il requisito di cui alla lettera d) del comma 1 dell’art. 87 del Tuir, necessario ai fini del regime pex. Escluse, parimenti, le plusvalenze derivanti da partecipazioni al capitale o al patrimonio di soggetti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.
Non rientrano nel comma 2-bis le obbligazioni convertibili in quanto trattasi di titoli che solo potenzialmente sono in grado di divenire partecipazioni. Vi rientrano, invece, i titoli come opzioni e warrants, qualora soddisfino i requisiti dell’articolo 87 del Tuir e le plusvalenze assimilate a quelle da cessione di partecipazioni qualificate se realizzate mediante la cessione di:

  • strumenti finanziari di cui alla lettera a) del comma 2 dell’art. 44 del Tuir, quando non rappresentano una partecipazione al patrimonio;
  • contratti di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b) del Tuir, qualora il valore dell’apporto dell’associato nell’associante sia superiore al 5% o al 25% del valore del patrimonio netto contabile risultante dall’ultimo bilancio approvato prima della data di stipula del contratto, a seconda che si tratti di società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni.

Il regime fiscale in parola trova applicazione alle cessioni di partecipazioni qualificate aventi i requisiti di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 1 dell’art. 87. Le plusvalenze realizzate con la cessione di partecipazioni qualificate godono del regime in esame ove sussistano i requisiti fissati dall’art. 87 appena visto. Il documento di prassi si sofferma, in particolare, sul requisito di cui alla lettera b) del comma 1 dell’art. 87 che richiede che la partecipazione risulti classificata nella categoria delle immobilizzazioni finanziaria nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso. Relativamente ai soggetti che adottano i principi contabili internazionali, si considerano immobilizzazioni finanziarie gli strumenti finanziari diversi da quelli detenuti per la negoziazione e la classificazione di tali attività come possedute per la negoziazione può essere desunta dai restanti documenti contabili, purché risulti da atto di data certa contestuale o anteriore alla data di approvazione del bilancio.

In merito ai soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili locali la circolare ritiene che possa considerarsi valida la classificazione delle partecipazioni adottata in bilancio, purché il bilancio sia conforme alla Direttiva n. 2013/34/UE.

Modalità di determinazione del capital gain

La determinazione del reddito derivante dalla cessione di partecipazioni qualificate realizzate da società ed enti non residenti si effettua sommando la plusvalenza, in misura pari al 5% del loro ammontare, all’ammontare dell’eventuale minusvalenza realizzata. L’eventuale ammontare delle minusvalenze, non utilizzato in deduzione dell’eventuale plusvalenza, è riportato in deduzione fino a concorrenza del 5% dell’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto.
Le plusvalenze e le minusvalenze che rilevano per la determinazione del saldo imponibile per l’anno d’imposta 2024 sono esclusivamente quelle realizzate dal 1°gennaio 2024, vale a dire quelle derivanti dalle cessioni di partecipazioni con effetto traslativo a decorrere dal 1°gennaio 2024; su tale insieme non incidono, pertanto, le eccedenze riportabili dai periodi d’imposta precedenti.


(Vedi circolare n. 17 del 2024)

Istituzione dei codici tributo per il versamento dell’indennità di mora e degli interessi sul ritardato pagamento dell’imposta di consumo sui prodotti che contengono nicotina
Lunedì, 5 Agosto , 2024

L’Agenzia delle Entrate ha istituito il codice tributo ‘5483’ per il versamento dell’imposta di consumo sui prodotti che contengono nicotina. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha chiesto l’istituzione dei codici tributo per il versamento, mediante modello F24 Accise, dell’indennità di mora e degli interessi sul ritardato pagamento dell’imposta di consumo sui prodotti sopra espressi.

Tanto premesso, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 42/E del 30 luglio 2024, ha istituito i codici tributo in parola. Nello specifico si tratta di:

  • il codice ‘5503’ denominato ‘Indennità di mora sul ritardato pagamento dell’imposta di consumo sui prodotti diversi dal tabacco che contengono nicotina di cui all’articolo 62-quater 1, comma 1, del decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504’;
  • il codice ‘5504’ denominato ‘Interessi sul ritardato pagamento dell’imposta di consumo sui prodotti diversi dal tabacco che contengono nicotina di cui all’art. 62-quater 1, comma 1, del decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504’.


(Vedi risoluzione n.42 del 2024)

Istituzione delle causali contributo per il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali di pertinenza dell’ENPAIA - Gestione Separata Agrotecnici
Lunedì, 5 Agosto , 2024

Con una nota dell’11 luglio 2024 l’Ente nazionale di previdenza e assistenza per gli addetti e gli impiegati in agricoltura (ENPAIA) ha chiesto l’istituzione delle causali contributo per il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali di pertinenza. Il servizio di riscossione è regolato mediante il modello F24 così come disposto dalla convenzione stipulata tra l’Agenzia delle Entrate e l’ENPAIA.

Tanto premesso, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 43/E del 30 luglio 2024, ha istituito le causali contributo che vanno da ‘E130’ a ‘E134’ per il versamento di acconto e saldo contributi annuali, riscatto di periodi contributivi, ricostruzione periodi contributivi ante 1996, importi dovuti per estratti conti annuali e versamenti generici.


(Vedi risoluzione n. 43 del 2024)

Istituzione dei codici tributo per il versamento dell’imposta sostitutiva sulle prestazioni aggiuntive del personale sanitario
Venerdì, 26 Luglio , 2024

Il decreto legge n. 73/2024 ha previsto all’articolo 7 l’applicazione di un’imposta sostitutiva sulle prestazioni aggiuntive del personale sanitario. L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 36/E del 22 luglio 2024, ha istituito i codici tributo per consentire ai sostituti d’imposta il versamento, tramite modello F24, dell’imposta sostitutiva in parola.

I nuovi codici tributo sono i seguenti:

  • ‘1068’ denominato ‘Imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali sulle prestazioni aggiuntive del personale sanitario - Sostituto d’imposta - art. 7, commi 1 e 2 decreto legge n. 73/2024’;
  • ‘1607’ denominato ‘Imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali sulle prestazioni aggiuntive del personale sanitario maturata in Sicilia e versata fuori regione - Sostituto di imposta - art. 7, commi 1 e 2 decreto legge n. 73/2024’;
  • ‘1922’ denominato ‘Imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali sulle prestazioni aggiuntive del personale sanitario maturata in Sardegna e versata fuori regione - Sostituto di imposta - art. 7, commi 1 e 2 decreto legge n. 73/2024’;
  • ‘1923’ denominato ‘Imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali sulle prestazioni aggiuntive del personale sanitario maturata in Valle d’Aosta e versata fuori regione - Sostituto di imposta - art. 7, commi 1 e 2 decreto legge n. 73/2024’;
  • ‘1308’ denominato ‘Imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali sulle prestazioni aggiuntive del personale sanitario versata in Sicilia, Sardegna e Valle d’Aosta e maturata fuori dalla regione in cui è effettuato il versamento - Sostituto di imposta - art. 7, commi 1 e 2 decreto legge n. 73/2024’.

Per consentire ai sostituti d’imposta il versamento, tramite modello ‘F24 enti pubblici’ (F24 EP), dell’imposta sostitutiva in parola, l’Agenzia ha istituito i seguenti codici tributo:

  • ‘171E’ denominato ‘Imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali sulle prestazioni aggiuntive del personale sanitario - Sostituto d’imposta - art. 7, commi 1 e 2, decreto legge n. 73/2024’;
  • ‘172E’ denominato ‘Imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali sulle prestazioni aggiuntive del personale sanitario maturata in Valle d’Aosta e versata fuori regione - Sostituto d’imposta - art. 7, commi 1 e 2, decreto legge n. 73/2024’;
  • ‘173E’ denominato ‘Imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali sulle prestazioni aggiuntive del personale sanitario versata in Valle d’Aosta e maturata fuori dalla regione - Sostituto d’imposta - art. 7, commi 1 e 2, decreto legge n. 73/2024’.


(Vedi risoluzione n. 36 del 2024)

Trattamento fiscale della ripartizione dei contributi GSE ai membri delle Comunità energetiche costituite in forma di enti non commerciali
Venerdì, 26 Luglio , 2024

Un soggetto ha chiesto chiarimenti in merito al trattamento tributario delle restituzioni che la CER, ovvero la Comunità energetica rinnovabile, costituita in forma di ente associativo del Terzo settore, può operare a favore dei propri membri o soci, che hanno concorso all’autoconsumo di energia. È dedicata, infatti, al trattamento tributario degli incentivi distribuiti dal Gse alle Cer la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 37/E del 22 luglio 2024.

Il soggetto istante ricorda che in data 8 aprile 2024 è stata avviata l’apertura dei portali del Gse per presentare le domande di ammissione agli incentivi, che comprendono, tra l’altro una tariffa incentivante ventennale calcolata in funzione dell’energia condivisa (c.d. ‘Tariffa premio’) e un contributo di valorizzazione (c.d. ‘contributo Arera’) dei benefici che l’autoconsumo comporta mediamente per la rete elettrica pubblica.

L’amministrazione finanziaria evidenzia che il decreto legge n. 162 del 2019 all’articolo 42-bis ha introdotto una disciplina transitoria che prevede la possibilità di sperimentare forme di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili e di comunità energetiche rinnovabili. Il recepimento della direttiva Ue 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia, è avvenuto con l’emanazione del decreto legislativo 8 novembre 2021 n. 199 il quale stabilisce che ‘I clienti finali, ivi inclusi i clienti domestici, hanno il diritto di organizzarsi in comunità energetiche rinnovabili, purché nel rispetto di una serie di requisiti.
Sintetizzando il primo prevede che l’obiettivo principale della comunità è quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità; la comunità, inoltre, è un soggetto di diritto autonomo e l’esercizio dei poteri di controllo fa capo esclusivamente a persone fisiche, PMI, associazioni con personalità giuridica di diritto privato, enti territoriali e autorità locali, enti di ricerca e formazione, enti religiosi e del terzo settore nonché le amministrazioni locali; per le imprese, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non può costituire l’attività commerciale e industriale principale; la partecipazione alle comunità energetiche rinnovabili è aperta a tutti i consumatori.

Con la risoluzione n. 18/E/2021 e con la risposta ad interpello n. 37 del 30 gennaio 2022 l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito al trattamento tributario delle somme erogate dal Gse alle configurazioni sperimentali di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili e di comunità energetiche rinnovabili. In particolare, la risoluzione n. 18/2021 che riguarda un gruppo di condomìni composti da persone fisiche che non esercitano attività d’impresa arti e professioni, ha precisato che è fiscalmente rilevante il solo corrispettivo per la vendita dell’energia immessa in rete che si configura come reddito diverso.

Ad analoghe conclusioni si perviene con la risposta n. 37/2022 con riferimento alle comunità energetiche strutturatesi come enti non commerciali; i proventi derivanti dalla vendita di energia concorrono a formare la base imponibile ai fini Ires, essendo riconducibili allo svolgimento di attività commerciale, sebbene effettuata in forma non abituale.

Infine, la circolare n. 23/E/2022 ha precisato che per quanto riguarda i soggetti diversi da quelli che producono reddito d’impresa, ai fini fiscali rileva solo il corrispettivo per la vendita di energia eccedente l’autoconsumo istantaneo.

Analoghe conclusioni valgono con riferimento alle somme erogate dal Gse ad una Comunità Energetica costituita nella forma di ente non commerciale che assumono rilevanza fiscale per il solo corrispettivo relativo alla quota di energia venduta eccedente l’autoconsumo istantaneo.

Ciò premesso, tornando al quesito formulato dall’istante, relativo al trattamento da riservare alle somme ricevute dal Gse che la CER attribuisce ai propri membri, l’Agenzia evidenzia che i clienti finali partecipanti possono demandare alla Comunità la ‘gestione delle partite di pagamento e di incasso verso i venditori e il Gse’. Ai fini della gestione delle partite di pagamento e di incasso verso i venditori e il Gse, sussiste, sostanzialmente, un rapporto di mandato senza rappresentanza nel quale la CER, in qualità di referente, gestisce tutti i rapporti con il Gse, compreso l’incasso degli incentivi.

L’Agenzia precisa che il corrispettivo per la vendita di energia relativo alla quota di energia stessa eccedente l’autoconsumo istantaneo ricevuto dal Gse e attribuito ai partecipanti assume rilevanza reddituale in capo ai singoli membri, e non in capo alla CER, con l’applicazione del trattamento fiscale in base alla natura propria del soggetto.

Inoltre, tenuto conto che l’obiettivo principale delle comunità è quello di fornire benefici ambientali, economici e sociali ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità, la risoluzione esclude che l’attribuzione degli incentivi ricevuti dalla CER ai partecipanti della comunità configuri una distribuzione di utili, non costituendo tali incentivi ‘profitti finanziari’.

Tra l’altro, il Codice del Terzo settore all’articolo 5 ha previsto che tra le attività di interesse generale che gli enti del Terzo settore possono svolgere rientrano anche quelle finalizzate alla produzione, all’accumulo e alla condivisione di energia da fonti rinnovabili ai fini di autoconsumo. Per gli Enti del Terzo settore è vietata la distribuzione di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali e sono parimenti vietate le cessioni di beni e prestazioni di servizi agli associati.

Pertanto, l’Agenzia ritiene che la restituzione delle somme da parte di una CER costituita nella forma di ETS ai propri associati non costituisce aggiramento del principio di divieto di distribuzione di utili.


(Vedi risoluzione n. 37 del 2024)

Istituzione del codice tributo per il versamento delle somme dovute per decadenza dalle agevolazioni fiscali a favore delle imprese che avviano una nuova attività nelle ZES
Venerdì, 26 Luglio , 2024

La legge di Bilancio 2021 ha previsto misure in materia di agevolazioni fiscali a favore delle imprese che intraprendono, entro il 31 dicembre 2023, una nuova iniziativa economica nelle Zone Economiche Speciali (ZES). Si tratta di una misura che prevede una riduzione del 50% dell’imposta sul reddito derivante dallo svolgimento dell’attività nella ZES.

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 38/E del 22 luglio 2024, ha istituito il codice tributo ‘2022’ denominato ‘Recupero IRES per decadenza dalle agevolazioni a favore delle imprese che avviano una nuova attività economica nelle ZES - Soggetto consolidato e trasparente - art. 1, commi 173-176, della legge 30 dicembre 2020 n. 178’.

Il codice tributo in parola va utilizzato in caso di decadenza dall’agevolazione, per consentire il versamento degli importi dovuti a titolo di recupero dell’imposta sul reddito, in precedenza versata in misura ridotta, dalle imprese che dopo la fruizione del beneficio hanno aderito al consolidato fiscale o al regime di trasparenza fiscale.


(Vedi risoluzione n. 38 del 2024)

Istituzione del codice tributo per l’utilizzo del credito d’imposta per gli investimenti nella ZES Unica
Venerdì, 26 Luglio , 2024

Il decreto legge n. 124/2023, all’articolo 16, riconosce un contributo sotto forma di credito d’imposta per le imprese che effettuano investimenti relativi all’acquisizione di beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno (ZES Unica).
Il credito in parola è utilizzabile soltanto in compensazione, presentando il modello F24 esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dell’Agenzia delle Entrate. Lo scorso 11 giugno il direttore dell’Agenzia delle Entrate, con un provvedimento, ha approvato il modello di comunicazione per l’utilizzo del credito d’imposta per gli investimenti nella ZES Unica ed ha definito il relativo contenuto e le modalità di trasmissione.
Successivamente, con un altro provvedimento, è stata resa nota la percentuale del credito d’imposta effettivamente fruibile da ciascun beneficiario per le spese sostenute. Per consentire l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta in argomento, tramite modello F24, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 39/E del 22 luglio 2024, ha istituito il seguente codice tributo: ‘7034’ denominato ‘Credito d’imposta investimenti ZES Unica - art. 16, Dl n. 124/2023’.


(Vedi risoluzione n. 39 del 2024)

Indennità corrisposte a titolo di incentivo all’esodo ed a titolo di importo transattivo - Applicabilità del ‘regime speciale per lavoratori impatriati’
Venerdì, 26 Luglio , 2024

Con la risoluzione n. 40/E del 23 luglio 2024 l’Agenzia delle Entrate risponde ad una banca desiderosa di sapere se ‘il regime speciale per lavoratori impatriati’ sia applicabile anche alle somme ricevute dai suoi tre dipendenti a titolo di ‘incentivo all’esodo’ e di ‘importo transattivo’ a seguito della raggiunta intesa di risoluzione contrattuale dei rapporti lavorativi.

L’istante informa che ordinariamente le somme sono sottoposte a tassazione separata. Gli uffici sono tenuti a iscrivere a ruolo le maggiori imposte dovute facendo concorrere gli stessi redditi alla formazione del reddito complessivo dell’anno in cui sono percepiti, se questo è più favorevole per il contribuente.

La tassazione, in sostanza, avviene, in via provvisoria, da parte del sostituto d’imposta e, successivamente, l’imposta dovuta è oggetto di riliquidazione da parte dell’Agenzia delle entrate. Il decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011 all’articolo 24 ha disposto che alla quota delle indennità di fine rapporto, erogate in denaro o natura, di importo complessivamente superiore a 1.000.000 di euro non si applica il regime di tassazione separata. Tale importo concorre alla formazione del reddito complessivo. Queste disposizioni si applicano a tutti i compensi e indennità erogati il cui diritto alla percezione è sorto a decorrere dal 1°gennaio 2011.

La banca riferisce che i tre dipendenti beneficiano del ‘regime speciale per lavoratori impatriati’, disciplinato dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 147 e, in qualità di sostituto d’imposta, chiede se il predetto regime agevolativo possa:

  • applicarsi alle indennità sopra richiamate, qualora le stesse concorrano, fino al tetto di 1.000.000 di euro, alla formazione del reddito complessivo dell’anno di percezione, in deroga al regime di tassazione separata. In caso di risposta affermativa, l’istante chiede chiarimenti in merito alle modalità operative da seguire, stante le peculiarità del meccanismo della tassazione separata. In particolare, chiede conferma che il regime fiscale speciale per gli impatriati sia riconosciuto dai competenti uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate a fronte di specifica istanza presentata dal contribuente;
  • essere riconosciuto dal sostituto d’imposta, in via ordinaria, sugli importi eccedenti 1.000.000 di euro.

L’Agenzia delle Entrate chiarisce che tra i redditi ammessi nello speciale regime per i lavoratori impatriati sono comprese le indennità e le somme erogate, una tantum, in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro dipendente. Come ha chiarito la circolare n. 29/E/2001 anche le somme corrisposte a titolo di incentivo all’esodo vi rientrano.

In relazione alle modalità di tassazione delle predette somme il documento di prassi amministrativa chiarisce che le stesse sono tassate in via provvisoria da parte del sostituto d’imposta e, successivamente, l’imposta dovuta è oggetto di riliquidazione da parte dell’Agenzia delle Entrate con l’applicazione dell’aliquota media del quinquennio precedente o ‘facendo concorrere i redditi stessi alla formazione del reddito complessivo dell’anno in cui sono percepiti, se ciò risulta più favorevole per il contribuente’.

Nel caso analizzato le somme spettanti ai tre dipendenti della banca, in occasione della risoluzione del rapporto di lavoro, sono soggette al regime di tassazione separata fino all’importo di 1.000.000 euro e al regime della tassazione ordinaria, per la parte eccedente detto importo.

Pertanto, fino all’importo di 1.000.000 di euro, l’istante, in qualità di sostituto d’imposta, dovrà applicare il regime della tassazione separata in sede di loro erogazione. Una volta ricevuta la comunicazione degli esiti della liquidazione dell’imposta dovuta su tali somme i dipendenti potranno rivolgersi al competente Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate se vorranno beneficiare dello sconto ‘impatriati’. L’Ufficio, previa verifica dei presupposti, riliquiderà l’imposta dovuta, facendo concorrere i redditi in questione, nella misura ridotta prevista dalla norma, alla formazione del reddito complessivo dell’anno in cui sono percepiti.

In attesa di ricevere tale comunicazione, i dipendenti, ove lo ritengano opportuno, potranno presentare istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 del Dpr n. 602/1973.

Relativamente alla possibilità di applicare il regime speciale in parola alle predette somme per la soglia superiore a 1.000.000 di euro, la risoluzione chiarisce che l’istante dovrà assoggettare a tassazione ordinaria le somme eccedenti la predetta soglia.

L’assoggettamento alle ordinarie regole di tassazione per scaglioni delle somme in oggetto, per la soglia eccedente 1.000.000 di euro, consente di applicare alle stesse, nel rispetto di ogni altra condizione di legge, il regime speciale degli impatriati. Pertanto, sull’importo eccedente euro 1.000.000, l’istante potrà operare le ritenute di imposta ai fini Irpef, avendo a riferimento il minor reddito imponibile previsto dal regime speciale.


(Vedi risoluzione n. 40 del 2024)

Istituzione del codice tributo per l’utilizzo del credito d’imposta per l’acquisto del gasolio impiegato in veicoli di categoria euro 5 o superiore
Venerdì, 26 Luglio , 2024

La legge di Bilancio 2024 ha previsto, tra l’altro, che il credito d’imposta per l’acquisto di gasolio viene esteso anche alla spesa sostenuta nel mese di luglio 2022. Il Ministero delle Infrastrutture, con il decreto direttoriale del 31 maggio 2024 n. 263, ha stabilito le disposizioni attuative del predetto credito d’imposta.

Lo stesso ministero è tenuto a trasmettere all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle imprese ammesse a fruire dell’agevolazione e l’importo del credito concesso. Ogni beneficiario ha la possibilità di visualizzare l’ammontare dell’agevolazione fruibile in compensazione tramite il proprio cassetto fiscale.

La manovra 2024 ha previsto l’obbligo di effettuare la compensazione dei crediti per mezzo dei servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.

L’Agenzia delle Entrate, per consentire l’utilizzo in compensazione della suddetta agevolazione, con la risoluzione n. 41/E del 24 luglio 2024, ha istituito il codice tributo ‘7060’ denominato ‘credito d’imposta per l’acquisto del gasolio a favore delle imprese esercenti le attività di trasporto di cui all’art. 1, comma 296, della legge n. 213/2023’.


(Vedi risoluzione n. 41 del 2024)

Istituzione del codice tributo per il versamento delle somme dovute a seguito delle attività di controllo, di conciliazione giudiziale e di presentazione dell’istanza di ravvedimento e riliquidazione dell’imposta, in relazione alla registrazione di atti.
Venerdì, 19 Luglio , 2024

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 35/E dell’11 luglio 2024, ha istituito i codici tributo che andranno utilizzati per il versamento, tramite il modello F24, degli importi dovuti a seguito delle attività di controllo, di conciliazione giudiziale e della presentazione di istanza per ravvedimento e riliquidazione dell’imposta in relazione alla registrazione di atti.

Per agevolare i contribuenti ad individuare l’esatta codifica, nelle tabelle, in corrispondenza dei codici tributo di nuova istituzione, è riportato il codice tributo relativo al mod. F23.

La risoluzione riporta 4 gruppi di codici di seguito distinti:

  • Somme dovute a seguito di definizione per pagamento o per acquiescenza ex art. 15 Dlgs n. 218/1997 (codici tributo da ‘A211’ a ‘A217’);
  • Somme dovute a seguito di definizione delle sole sanzioni ex art. 17 Dlsg n. 472/1997 (codice tributo ‘A220’);
  • Somme dovute a seguito di accertamento con adesione di cui al Dlgs n. 218/1997 (codice tributo da ‘A218’ a ‘A225’);
  • Somme dovute a seguito di conciliazione giudiziale di cui al Dlgs n. 546/1992 (Codice tributo da ‘A228’ a A234’).

Somme dovute a seguito della presentazione di istanza per ravvedimento e riliquidazione dell’imposta

In ipotesi di avvisi di liquidazione per imposta complementare a seguito di istanza del contribuente, ove ne ricorrano i presupposti per avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso, l’Agenzia istituisce una serie di codici tributo che vanno da ‘A237’ a ‘A247’ per consentire il versamento, tramite modello F24, degli importi specificati.

Somme dovute alla Cassa Nazionale del Notariato e agli Archivi Notarili a seguito delle attività di controllo, di conciliazione giudiziale e della presentazione di istanza per ravvedimento e riliquidazione dell’imposta

Per il versamento tramite mod. F24 degli importi dovuti alla Cassa Nazionale del Notariato e agli Archivi Notarili, a seguito della presentazione di istanza per ravvedimento e riliquidazione dell’imposta, delle attività di controllo o di conciliazione giudiziale, l’Agenzia delle Entrate istituisce i codici tributo da ‘A248’ a ‘A251’. Per agevolare i contribuenti ad individuare l’esatta codifica, nella tabella, in corrispondenza dei codici di nuova istituzione, è riportato il codice tributo relativo al mod. F23.


(Vedi risoluzione n. 35 del 2024)

Legge di Bilancio 2024 e decreto ‘Agevolazioni’ - Modifiche alle procedure di compensazione di crediti
Venerdì, 5 Luglio , 2024

La legge di Bilancio 2024 ha introdotto misure di razionalizzazione e di contrasto all’evasione riguardanti la disciplina delle compensazioni di crediti.
In tema di compensazione dei crediti fiscali il decreto legge n. 39/2024, meglio conosciuto come decreto ‘Agevolazioni’, ha sostituito il comma 49-quinquies dell’articolo 37 del decreto legge n. 223/2006.

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 16/E del 28 giugno 2024, ha fornito le istruzioni operative agli uffici per garantirne l’uniformità di azione. Le nuove disposizioni, in vigore dal 1°luglio 2024, riguardano:

  • l’obbligo generalizzato di effettuare la compensazione dei crediti per mezzo dei servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, anche con riferimento ai crediti maturati nei confronti dell’Inps e dell’Inail;
  • l’esclusione, a decorrere dal 1°luglio 2024, della facoltà di avvalersi della compensazione dei crediti in presenza di iscrizioni a ruolo per imposte erariali, nonché di carichi affidati agli agenti della riscossione di importo complessivamente superiore a 100 mila euro.

Obbligo di utilizzo dei soli servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate in caso di compensazione

Fino alla fine di giugno 2024 la modalità di trasmissione dei modelli di pagamento F24 comprendenti crediti da compensare avviene:

  • esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, nel caso in cui il saldo finale sia di importo pari a zero;
  • anche mediante i servizi telematici messi a disposizione dagli intermediari della riscossione convenzionati con l’Agenzia delle Entrate, nel caso in cui il saldo finale sia di importo positivo.

A decorrere dal 1°luglio 2024, invece, tutti i versamenti unitari da effettuare mediante l’utilizzo di crediti in compensazione devono essere eseguiti ‘esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate’.
Tale obbligo sussiste, a decorrere dalla stessa data, anche per l’utilizzo in compensazione dei crediti indicati dalle legge di Bilancio 2024, ovvero i crediti maturati a titolo di contributi nei confronti dell’Inps e a titolo di premi e accessori nei confronti dell’Inail.
In merito all’utilizzo dei crediti maturati nei confronti di Inps e Inail, la manovra 2024 ha introdotto ulteriori condizioni le cui decorrenze e modalità applicative saranno definite con appositi provvedimenti.

Esclusione dalla facoltà di avvalersi della compensazione in presenza di carichi di importo superiore a 100 mila euro

La manovra 2024 ha introdotto il comma 49-quinqies all’art. 37 del DL n. 223/2006 che stabilisce un limite all’utilizzo in compensazione dei crediti ulteriore rispetto al divieto di compensazione disposto dal D n. 78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010.

Il decreto Agevolazioni ha sostituito, con decorrenza dal 1°luglio 2024, la disposizione di cui al comma 49-quinquies. La nuova formulazione prevede che è esclusa la facoltà di avvalersi della compensazione della compensazione orizzontale nei casi in cui il contribuente abbia, alla data di trasmissione della delega di pagamento contenente la compensazione, un ammontare complessivo di carichi affidati all’agente della riscossione di importo superiore a 100 mila euro.

Ai fini del raggiungimento della soglia di 100 mila euro, rilevano gli importi relativi ai carichi affidati all’agente della riscossione concernenti le imposte erariali e i relativi accessori, quelli affidati all’agente della riscossione relativi ad atti comunque emessi dall’Agenzia delle Entrate, ivi comprese le somme oggetto gli atti di recupero di crediti non spettanti o inesistenti con termini di pagamento scaduti e non oggetto di sospensione, di rateazione o di definizione agevolata per mezzo della rottamazione-quater. Gli atti di accertamento esecutivi, invece, vi concorrono se sono trascorsi 30 giorni dal relativo termine di pagamento.

Al sussistere delle condizioni normativamente previste alla data di trasmissione del modello F24, per il contribuente è esclusa la facoltà di avvalersi della compensazione ‘orizzontale’. Fa eccezione, per effetto della nuova formulazione del comma 49-quinquies, la compensazione dei crediti maturati nei confronti di Inps e Inail. Qualora operi il divieto, pertanto, non è consentito esporre nella medesima delega di pagamento sia crediti Inps o Inail sia i crediti per i quali opera l’inibizione alla compensazione.

È bene ricordare che il tetto di 100 mila euro deve intendersi come limite assoluto e, quindi, anche nel caso in cui il contribuente abbia crediti di importo superiore a quello dei carichi affidati, non potrà effettuare alcuna compensazione se non provvede prima al pagamento del debito scaduto.

La rimozione o la riduzione fino a 100 mila euro dei carichi affidati all’agente della riscossione per imposte erariali e relativi accessori, potrà essere conseguita dal contribuente anche per mezzo dell’utilizzo in compensazione di crediti concernenti le sole imposte erariali. Per gli atti di recupero di crediti non spettanti o inesistenti utilizzati in compensazione, restano ferme le disposizioni normative che consentono di avvalersi della compensazione. I debiti riguardanti tali atti, ai fini della rimozione dell’inibizione, dovranno essere estinti o ridotti esclusivamente per mezzo del relativo pagamento senza compensazione.

Il nuovo comma 49-quinquies dell’art. 37 Dl 223/2006 stabilisce che ove non trovi applicazione il divieto alle compensazioni ‘resta ferma l’applicazione dell’art. 31 del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78’. In altre parole, ove l’ammontare dei carichi affidati all’agente della riscossione sia superiore a 1.500 euro, ma non superiore a 100 mila euro, si applica l’art. 31, comma 1, del Dl 78/2010; qualora, invece, l’ammontare dei carichi affidati sia superiore a 100 mila euro, si applica il solo articolo 37, comma 49-quinquies Dl 223/2006.

Il divieto alle compensazioni introdotto dalla legge di Bilancio 2024 e, ridefinito dal decreto Agevolazioni, pertanto, si differenzia dal divieto di compensazione di cui all’art. 31, comma 1, del decreto legge n. 78/2010, ancora vigente, secondo il quale la compensazione dei crediti relativi ad imposte erariali è vietata fino a concorrenza dell’importo dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori e per i quali è scaduto il termine di pagamento.

Le due disposizioni presentano caratteristiche diverse, in particolare:

  • ai sensi dell’art. 31, comma 1, Dl 78/2010, opera il divieto di compensazione dei crediti erariali in presenza di carichi affidati all’agente della riscossione per imposte erariali e relativi oneri accessori di ammontare superiore a 1.500 euro;
  • in forza del nuovo comma 49-quinquies dell’art. 37 Dl 223/2006 sussiste il divieto di utilizzo in compensazione di tutti i crediti (erariali e di natura agevolativa), fatta eccezione per i crediti indicati alle lettere e), f) e g) del comma 2 dell’art. 17 Dlgs n. 241/1997, in presenza di carichi affidati all’agente della riscossione di cui al medesimo comma 49-quinquies per importi complessivamente superiori a 100 mila euro.

L’inibizione alle compensazioni introdotta dalla novella normativa si differenzia dal divieto di compensazione di cui al citato articolo 31, comma 1, Dl 78/2010, prima di tutto, perché vieta l’utilizzo in compensazione non solo dei crediti relativi alle imposte erariali, ma anche di quelli aventi natura agevolativa.

Di conseguenza, se l’iscrizione a ruolo per debiti relativi a imposte erariali e accessori di ammontare complessivo superiore a 1.500 euro impedisce la compensazione dei soli crediti erariali, l’affidamento di carichi all’agente della riscossione per importi superiori a 100 mila euro, in base alla novella normativa, inibisce la compensazione ‘orizzontale’ di crediti di qualsiasi natura, fatti salvi i crediti indicati alle lettere e), f) e g) del comma 2 dell’art. 17 Dlgs 241/1997. Resta ferma la possibilità di estinguere i ruoli per debiti relativi a imposta erariali mediante l’utilizzo in compensazione dei soli crediti della stessa natura al fine di ridurre l’ammontare delle iscrizioni a ruolo a un importo pari o inferiore alla soglia di 100 mila euro e, conseguentemente, consentire l’utilizzo in compensazione dei crediti agevolativi.


(Vedi circolare n. 16 del 2024)

Trascrizione dei sequestri conservativi effettuati ai sensi degli artt. 74 e 75 del Codice di giustizia contabile a tutela delle ragioni erariali - Trattamento ai fini dell’imposta ipotecaria
Venerdì, 5 Luglio , 2024

Con la risoluzione n. 33/E del 2 luglio 2024 l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in merito al corretto trattamento, ai fini dell’imposta ipotecaria, applicabile alle trascrizioni dei sequestri conservativi effettuate ai sensi dell’artt. 74 e 75 del Codice di giustizia contabile.

L’Agenzia ha chiarito che la trascrizione dei provvedimenti di sequestro contabile, delle domande giudiziali e delle altre formalità a tutela delle ragioni del creditore, nelle procedure in cui non sia parte danneggiata lo Stato, non possono godere dell’esenzione di cui all’art. 1, comma 2, del Tuic. Tali fattispecie, trattandosi di ‘formalità richieste dalle amministrazioni dello Stato quando le spese relative devono far carico ad altri’, rientrano nell’ambito applicativo dell’articolo 15, comma 1, lett. b) del Tuic.

Il documento di prassi amministrativa sintetizza che le formalità richieste dalle Procure regionali della Corte dei conti, ad eccezione di quelle effettuate nell’interesse dello ‘Stato-persona’, che in quanto tali godono dell’esenzione dell’imposta ai sensi dell’art. 1, comma 2, del Tuic, possono essere eseguite a norma dell’articolo 15 dello stesso Tuic. Eseguita la formalità, l’Ufficio procederà al recupero dei tributi contro gli obbligati al pagamento elencati all’articolo 11, comma 2, del Tuic, ovvero nei confronti del soggetto pubblico o privato a favore del quale è stata eseguita la formalità.


(Vedi risoluzione n. 33 del 2024)

Istituzione del codice tributo per l’utilizzo del credito d’imposta a favore delle imprese operanti nei piccoli Comuni della Regione Autonoma della Sardegna
Venerdì, 5 Luglio , 2024

Per consentire l’utilizzo in compensazione da parte dei beneficiari del contributo sotto forma di credito d’imposta a favore delle imprese operanti nei piccoli Comuni della Regione Autonoma della Sardegna, tramite modelle F24 da presentare esclusivamente attraverso i servizi telematici, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 34/E del 2 luglio 2024, ha istituito il seguente codice tributo: ‘7033’ denominato: ‘Credito d’imposta a favore delle imprese operanti nei piccoli Comuni della Regione Sardegna, di cui all’art. 13, comma 2, lett. d) della legge regionale della Regione Autonoma della Sardegna 9 marzo 2022 n. 3’.


(Vedi risoluzione n. 34 del 2024)


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